Studiare sui libri di fotografia è come mangiare pane fresco caldo. In questo periodo di pandemia ho fatto le stesse cose che di solito mi piace fare, non sono ricorsa a nuovi hobby, non ho cercato distrazioni. Il mio lavoro mi permette di fare continua ricerca che è uno splendido impegno. Questa rubrica nasce in questo momento non come urgenza ma come esigenza di parlare con il mio pubblico. P.S. Ho studiato nel 2014 in una biblioteca di Roma come leggere ad alta voce (ero incinta in quel periodo ❤️) , sono una lettrice volontaria per bambini, quindi nella rubrica leggo a fine video un albo illustrato.
La rubrica parlerà sempre di due libri, un libro di fotografia ed un albo illustrato.
Parto da Scianna perché questo video è dedicato alla mia Federica, insieme abbiamo visto ed udito questo fotografo all’Auditorium di Roma. Fu lì che gli ho sentito dire che “la massima ambizione per una fotografia è finire in un album di famiglia, mi ricordo che me lo appuntai e che Federica mi chiese “gli appunti” ma erano giusto due righe il resto restai ad ascoltarlo.
Lo specchio vuoto non è un libro con delle fotografie non un’autobriografia, ma un libro come dice nella premessa sulle sue divagazioni.
Se non volete leggere questo articolo ma ascoltarlo potete farlo questo link
Parte dal problema dei complessi che tutti noi abbiamo nel farci ritrarre, chiunque abbia avuto a che fare con la fotografia in modo professionale si è sentito dire “non sono fotogenica, ah io vengo malissimo in foto, mi aggiusti tu?”.
“Siamo uomini anche perché produciamo immagini, e produciamo e consumiamo immagini perché siamo uomini, per costruirci come indivdidui dotati di coscienza.”
“La fotografia costituisce una fetta di spazio tempo. La fotografia è straziante perché ci ha fatto credere che in un pezzettino di carta da conservare in un album di famiglia si potesse fermare il tempo. Grandiosa illusione che rivela l’inquietudine della cultura occidentale, illusione impossibile quella di fermare il tempo.”
“Ti ribadisce nel presente che ciò non è più, non è consolante.”
“Le fotografie accumulano il tempo, non lo sospendono, non restano immobili, cambiano. Noi che le guardiamo cambiamo.”
“Con la pratica autoscatto continua-condivisione di istanti della nostra vita, della nostra immagine, di fatto deleghiamo agli altri la delicata costruzione della nostra identità. L’esistenza stessa di una identità. Vivere come se. Sfuggire alla depressione attraverso iniezioni continue di narcisismo. Ma se la propria vita ha bisogno dell’autoscatto per certificarsi di esistere è perché essa porta con sé un dubbio sulla propria esistenza. I selfie iniziano ad avere paura di fare la fine di Narciso, ma questa volta un Narciso terrorizzato dal fatto che dentro l’acqua tecnologica chew lo riflette non vede nessuno.”
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