Per imparare bisogna fare, per migliorare si deve anche studiare.
Con questo motto apro questo articolo, che vede nell’approccio operativo la chiave con cui aprirsi nei confronti della camera oscura.
La camera oscura fa pensare ad un laboratorio fotografico, ma anche ad un luogo misterioso e affascinante, nel quale il fotografo ( e non solo) rinchiuso ed isolato dal resto del mondo, produce le proprie immagini.
Il nome stesso di camera oscura spesso genera confusione:
lavoriamo al buio? Ovviamente no, di certo sarebbe utile la vista a raggi x di superman, ma fortunatamente si utilizza una luce di sicurezza. Il colore a cui si pensa subito è il rosso, come mostrato in quasi tutti i film che presentano scene di questo tipo.
In realtà le carte fotografiche, particolari tipi di carta caratterizzati da un’emulsione di alogenuri d’argento su un supporto di carta bianca, che reagiscono quando colpiti da un fascio di luce, sono sensibili di solito solo alla luce blu (quindi si potrebbe usare anche una luce giallo-verde).
In particolare quando la carta viene colpita dalla luce si innesca una reazione chimica che rilascia questi particolari cristalli di alogenuro di argento che si anneriscono irreversibilmente e velocemente all’esposizione luminosa.
Fatta questa breve introduzione, potrei parlarne per ore ma correrei il rischio ( anzi sono piuttosto sicura) di annoiarvi , vorrei parlarvi dei provini a contatto che sono davvero utili per comprendere almeno in prima approssimazione come funziona un laboratorio di camera oscura ( i provini a contatto – così rendiamo felici anche i fotografi – sono inoltre molto utili per valutare qualsiasi negativo e quindi molti direbbero che sono necessari prima di una stampa)
Entriamo allora in camera oscura, assicurandoci di essere al buio e con la sola luce di sicurezza accesa, abbiamo bisogno di un ingranditore( che si può immaginare come uno speciale proiettore dotato di una fonte luminosa che serve a proiettare il negativo sul piano di stampa; ha inoltre lo stesso funzionamento di una macchina fotografica, è dotato cioè di un obiettivo con un’apertura e di un timer che funziona da tempo di posa; in base alla stampa che si vuole fare la posizione dell’ingranditore varierà), una pellicola, carta fotografica, una lastra di vetro spesso e vaschette contenenti gli agenti chimici necessari per lo sviluppo e il fissaggio per la carta fotografica.
Prima di iniziare bisogna decidere gli intervalli di esposizione appropriati: bisognerebbe effettuare delle prove con il cosiddetto provino scalare che consiste essenzialmente nello scegliere una parte di negativo e aiutandosi con un cartoncino, esporre ogni porzione di carta a tempi crescenti per valutare poi così quale sia l’esposizione migliore.
Posizioniamo a questo punto la carta fotografica, con il lato dell’emulsione in alto, sulla base del nostro ingranditore. Appoggiamoci sopra le strisce dei negativi,(tagliate accuratamente in strisce di 6 fotogrammi) mettendo questi con il lato dell’emulsione in basso sulla carta sensibile,ed infine sovrapponiamo la lastra di vetro,come a formare un grande sandwich.
Dobbiamo poi regolare la testa dell’ingranditore, che come già detto ha lo stesso funzionamento di una macchina fotografica, in modo che l’area illuminata copra interamente il formato da noi scelto e mettiamo accuratamente a fuoco in modo che i bordi siano netti.
A questo punto azioniamo l’ingranditore e lasciamo esposta la carta durante tutto il tempo che abbiamo prefissato con le prove del provino scalare.
Poniamo poi la carta fotografica nella vaschetta contenente gli agenti chimici per lo sviluppo: agitiamo un poco cosicché sia completamente bagnata tutta la carta (l’agitazione è fondamentale in quanto il rivelatore- cioè l’agente chimico diluito con l’acqua che abbiamo inserito nella bacinella dello sviluppo- a contatto diretto con la carta si esaurisce e deve essere costantemente sostituito con la soluzione fresca), e facciamo partire il cronometro( di solito lo sviluppo dura dai 3 ai 4 minuti, è indicato di solito sul foglio annesso alla carte).
L’immagine inizia a formarsi quasi subito e vi assicuro che la prima volta è un’esperienza che davvero mozza il fiato.
Circa 10 secondi prima dello scadere del tempo alziamo la carta facendo sgocciolare l’eccesso di soluzione, e la porgiamo nella vaschetta contenente il bagno di arresto (acqua). Qui la lasciamo per circa 30 secondi per poi spostarla infine nella vaschetta del fissaggio: anche in questo caso la durata del fissaggio è indicata sulla confezione e a questo punto possiamo accendere la nostra cara luce bianca.
A questo punto bisogna lavare il provino e lasciarlo ad asciugare per poterlo analizzare.
Abbiamo effettuato la nostra prima stampa! Ed è davvero una soddisfazione quasi tutte volte (non sempre il risultato è come ci aspettiamo, ma la cosa divertente è proprio questa).
I provini a contatto sono molto utili in quanto ci permettono non solo di visualizzare meglio il nostro negativo,e quindi scegliere le foto da stampare, ma ci permettono di poter effettuare stime sui tempi di esposizione e sull’apertura del diaframma dell’ingranditore per poter ottenere al meglio la nostra stampa.
Vi assicuro che tutto queste parole non rendono l’idea di quanto sia appagante e gratificante un’esperienza in camera oscura: passate a trovarci l’artigianato può sorprendervi in molti modi possibili (come è successo a me).
Questo articolo è stato scritto da Anna Mele.
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